lunedì 31 ottobre 2011

COMUNICARE


Nell'incontro, nella prima fascinazione, quando promettiamo all'altro di diventare per lui incantamento e specchio, disvelando e ingannando nel medesimo tempo, le ho usate tutte le parole.
Le ho usate per sedurre, per affabulare. E anche in quell'età della relazione che è, necessariamente, tellurica. Quando scosse si susseguono a scosse, parti di sé che si volevano unite a quelle dell'altro si separano per sempre, mentre altre si ritrovano, inaspettatamente, confinanti.
Da quel moto destabilizzante, durante il quale la perdita (di pezzi di sé, dell'idea sognata dell'altro?) precede nuovi e inediti equilibri, a volte capita che un uomo e una donna riemergano più temprati e più forti. Dell'esperienza del proprio limite e di quello dell'altro, del punto in cui i
confini si toccano, ma anche delle distanze che rimarranno per sempre irraggiungibili.
Quando tutto questo è diventato passato, allora, ho sentito di essere finalmente in salvo.
Quando l'altro è diventato la mia casa e la mia patria, allora le parole, una alla volta, mi hanno lasciata. Sono stanche le mie parole, deluse, avvilite dal tempo o dall'uso?
Ci sono giorni in cui le penso come piccole cavie impazzite in una scatola di vetro, che prendendo l'abbrivio per lanciarsi verso l'alto non trovano l'uscita ma un invalicabile tetto di latta.
E sono i giorni in cui penso che le mie parole vorrebbero, potrebbero, dire ancora la passione ed il desiderio, ma non trovando il modo, né l'aiuto necessario, allora ricadono giù, inutili, mortificate.
Altri giorni, invece,  sento, credo che non si siano perse, ma trasformate in qualcosa d'altro, in gesti, affinità, impegni. In un amore taciturno ma non per questo sopito che non ha più bisogno di essere spiegato o definito, raccontato o cantato, in un amore diventato, almeno per me, una Mecca rivolta alla quale l'anima può sempre pregare.
Sono così antica?
Così uguale alle mie lontane antenate da essere approdata alla consapevole saggezza che una sola parola, facendo giustizia di tutte le altre, possa indicare i rapporti sessuali e quelli familiari?
Loro al silenzio pensavano come al luogo che ne definiva il posto ed il ruolo nella scena familiare. Ma anche come ad un riparo dietro al quale esercitare un potere che da sempre sapevano imprenscindibile quanto irriconosciuto.
Io, invece, delle parole ho bisogno.
E se le ho fatte sgombrare dalla scena dell'amore per condividere con l'altro quel minuscolo pezzetto di terra comune che ci è toccato in sorte, non per questo ho rinunciato a loro.
Sono il mio lavoro, il mio pane, la mia speranza. Le limo e le arrotondo, le sottraggo, le scarnifico, le domo.
Addomesticate le parole è l'unica cosa che so fare.
Ma quando, sopraffacendomi, trovano poi un loro ordine e una loro misura, conosco momenti di felicità assoluta. Perché so che le parole possono uccidere.
Ma sono anche l'unica cosa che abbiamo a disposizione per vivere.

sabato 22 ottobre 2011

BIMBA FORTE


Non avere paura
Non lo sai quando l’hai capito, quando l’hanno capito gli altri.
È successo quando eri bambina, è successo che si notava, si intuiva, lo capivano gli adulti, lo dicevano.

Gli adulti dicono cose ai bambini che i bambini nascondono come un tesoro nel loro cuore per tutta la vita e il peso di questo tesoro a volte li tiene con i piedi per terra, a volte li schiaccia.

È successo che tu eri forte, eri la bambina forte. E c’erano i fratelli fragili, i cugini ammalati, i compagni di scuola poveri. Tu eri la bambina forte e ti dicevano tu ce la farai sempre da sola, sei forte, guarda l’altro, guarda gli altri, hanno bisogno di aiuto, non se la caveranno da soli, ma tu sei forte, tu andrai dove vorrai, tu non hai bisogno che ti teniamo la mano, tu sei forte.

E tu allora provavi a essere forte e andavi avanti e non chiedevi aiuto e stringevi i denti e aiutavi quelli non forti e crescevi e facevi quelle cose difficili del vivere da sola e la gente ti diceva sei forte, ce l’hai fatta da sola, ce la farai sempre tu, sei forte.

C’è questa maledizione della forza che esonera gli altri dalla fatica di non saperti aiutare, dall’impotenza di non sapere cosa dirti. C’è questa maledizione della forza che non ti fa essere amata come vorresti, che ti costringe a ricucire da sola gli strappi, che ti condanna a essere quella che dà di più di quello che prende. C’è questa maledizione della forza che non ti regala abbracci, che ti sotterra sotto i numerosi meriti di meglio, ce la farai anche senza di me, non sono quello giusto, sei forte sei forte. C’è questa maledizione della forza che lascia a te decidere se andare o restare, che ti attribuisce le responsabilità e anche le colpe.

Non l’hai scelto, non volevi essere forte. Volevi essere come gli altri bambini che piangevano, che sbagliavano, che si facevano baciare le ferite per mandare via il dolore.

Un giorno ti accorgi che la tua forza ti rende fragile, ti impedisce di andare avanti, che essere forti è troppo faticoso, che non puoi più farcela da sola.

È il giorno in cui cadi e resti immobile e non riesci a respirare e non sai aggiustare le cose e non sai tenere le spalle dritte e stramazzi e rantoli e non riesci a gridare e non ti muovi e non respiri e non ce la fai e aspetti e aspetti e aspetti e imprechi e maledici e aspetti.

E poi chiedi aiuto e ti lasci aiutare e capisci che non fa niente, che non sei obbligata a essere forte, non lo sei mai stata, che puoi scegliere di non esserlo, che la vita è un mestiere di traguardi e di fallimenti, per tutti.

Capisci che la tua forza è la tua debolezza e che la debolezza è la tua nuova forza.

Non avere paura, bambina, di non essere forte oggi Aggiungi un appuntamento per oggi.
Domani Aggiungi un nuovo appuntamento per domani ci sarà di nuovo il sole e le montagne da scalare e i mari da attraversare e la vita da vivere e le cose da cambiare e le città da costruire e le parole da scrivere e i cuori da riempire e gli abbracci da prendere e le tue spalle dritte e il tuo sorriso sicuro e le idee nella testa e il futuro nelle tasche.

giovedì 20 ottobre 2011

SENTIMENTO ED EMOZIONE


"E vissero sempre felici e contenti". Da bambini ci sembrava il pezzo più noioso e inutile della storia, oppure ci dava l'idea di una "chiusura" della favola. Crescendo, abbiamo capito che la vera favola stava tutta lì, nel punto esatto in cui le emozioni si trasformano in sentimenti!
Tutte le storie raccontano la stessa cosa: il passaggio dai livelli più bassi del desiderio alla camera del cuore, dove si vive felici e contenti! Peccato che ci si arriva attraverso un passaggio stretto e difficile.
Vorremmo incontrare l'amore quando siamo persi dentro qualche situazione. Ma, guarda caso, se stai male incontri solo chi ti fa stare peggio. Perchè siamo specchi e riflettiamo all'esterno ciò che abbiamo dentro.
La salvezza non viene mai da fuori......
Io mi sono persa tante volte...sono scappata dall'amore e, forse, non ci credo più così tanto, ma so che se non amo prima me stessa, non riuscirò ad amare nessun altro!
Spesso siamo soli perchè non ci vogliamo bene, perchè viviamo sotto la dittatura delle emozioni. Pensiamo che la vita abbia un senso solo se provoca continue scariche di adrenalina, anche nell'amore. Ma le emozioni sono una droga e danno assuefazione, per cui devi sempre aumentare la dose. Risultato: insoddisfazione perenne! In confronto alle emozioni, i sentimenti ci sembrano un pò noiosi.....
E la soluzione sta nel loro equilibrio. Amore e passione, sentimento ed emozione....


giovedì 13 ottobre 2011

LE REGOLE DEGLI UOMINI


Ho ricevuto una mail intitolata “le regole”. E l’incipit era chiaro: “abbiamo sempre avuto a che fare con le regole delle donne, ecco qui quelle degli uomini”. Bene, mi sono detta, finalmente qualche uomo con gli “attributi” si fa vivo. Ho iniziato subito la lettura, sperando di trovare qualcosa di sensato o, quantomeno, qualcosa che mi facesse ricredere sull’universo maschile. E invece no! No, perché prima di tutto sono numerate per priorità e tutte hanno il numero uno. Sbagliato, perché nella vita ci devono essere delle precedenze e non può essere tutto prioritario. Ma la cosa che mi ha fatto cadere le braccia inesorabilmente è la prima regola che dice testualmente: “Le tette sono fatte per essere guardate ed è per questo che lo facciamo. Non c'è modo di modificare questo comportamento.”. Ma chi vuole cambiarvi. Secondo voi, chi le mostra le tette? Noi donne! E’ chiaro che noi “vogliamo” essere guardate. Sorvolo sull’utilizzo maschile e femminile della tavoletta del water e sulla domenica sportiva e arriverei ad un’altra regola: “Qualunque cosa abbiamo detto 6 mesi fa non è utilizzabile in una discussione. Più precisamente: il valore di qualunque affermazione scade dopo 7 giorni”. Eh no cari ragazzi! La memoria di una donna non è labile come la vostra, quindi non chiedeteci di essere diverse! Ma l’ultima regola mi ha riportato alla realtà: “Noi siamo perfettamente in forma: "tondo" è una forma”….e qui casca l’asino! La vanità maschile impera! Avete solo dimostrato, con questa ultima e semplice regoletta del vostro decalogo che siete esattamente come noi, solo che noi donne possiamo dirlo, voi dovete solo pensarlo!
Ah, dimenticavo, il motivo per il quale queste regole sono inviate agli uomini è per farsi quattro risate, quello per il quale, invece, sono inviate alle donne è per “educarle”….carissimi, siete proprio sicuri che dobbiamo cambiare?

venerdì 7 ottobre 2011

GATTO E TOPO


Un'eterna caccia del gatto al topo. Spesso la relazione amorosa diventa proprio un tira e molla senza fine. Lui scappa lei lo insegue, quando poi lo acchiappa però ecco che si perde ogni interesse. E viceversa. Sembra quasi che solo una volta messi alle strette ci si riesca ad abbandonare ad un sentimento vero e sincero. Dietro a questi atteggiamenti, spesso puerili, ma sempre più comuni in molte coppie, si nascondono intricati meccanismi psicologici. Chi si comporta così in genere lo fa perché non riesce a comprendere fino in fondo i propri sentimenti. In realtà il topolino che scappa e il gatto che lo insegue sono le due metà della mela che si ritrovano, si completano e possono persino vivere felici e contenti. La chiave per capire il perché si abbia bisogno di giocare costantemente a Tom & Jerry, spiegano gli esperti, è da ricercare nell'infanzia. In genere chi tende a fuggire da un rapporto stabile ha avuto genitori fin troppo presenti, quasi invadenti. Perciò si è convinto che, per star bene e sentirsi libero l'unica strada sia difendersi dalle intrusioni altrui. Anche chi insegue sempre gli altri probabilmente lo ha imparato a farlo sin da bambino, rincorrendo genitori assenti e distratti. Una relazione così può tuttavia durare per anni perché i due partner si bilanciano a vicenda. E' quando il gioco del gatto e del topo diventa ossessivo che insorgono i problemi. Il consiglio è quindi quello di moderare i toni, ammorbidire gli artigli della possessività, se si appartiene alla categoria "Catwoman" e cercare di vivere la propria vita anche e soprattutto per se stessi. In quanto agli uomini che hanno scambiato le questioni di cuore per riserve di caccia e passano da una conquista all'altra con molta disinvoltura c'è da pensare, aggiungono gli psicologi, che si tratti di persone che sono state costrette a crescere troppo in fretta in famiglie che li hanno caricati di responsabilità senza riconoscergli poi nessun merito. Sono portati a inseguire sempre nuove mete, ma appena ne raggiungono una passano subito a quella successiva, solo per dimostrare quanto sono in gamba. Che fare? Sentirsi irresistibili fa piacere a tutti, ma bisogna porli di fronte ad una scelta: se si vuole avere una storia seria è necessario mettere da parte il bisogno di competitività ad ogni costo. Le vittorie sono migliori se si ha qualcuno con cui condividerle!